Grazie all’economia circolare è possibile.
La filiera della carne bovina potrebbe rivelarsi utile nel campo dei fertilizzanti per l’agricoltura. Come rivela la testata online “AgroNotizie” e come è stato presentato presso Cremonini Headquarters di Castelvetro in provincia di Modena, questa nuova visione sta alla base del progetto di ricerca NP Sustainable Fertilizer, che ha studiato «lo sviluppo di nuovi fertilizzanti ad elevato contenuto di sostanza organica da utilizzare in un’agricoltura sempre più sostenibile e capace di garantire quantità e qualità delle derrate, ma anche attenta alla tutela ambientale».
Il progetto, conclusosi lo scorso dicembre, ha esplorato le condizioni dei processi termici e le prestazioni di nutrizione del suolo del fertilizzante a base di azoto e fosforo (cioè N P) al fine di utilizzarlo in condizioni agricole sicure e produttive. Oltre a supportare la transizione verso un approccio completamente circolare dei sottoprodotti e dei rifiuti organici dell’industria della macellazione, il progetto mira a ridurre l’uso di fertilizzanti chimici in agricoltura, abbassare la relativa impronta ambientale di carbonio data dalla produzione di carne bovina rendendola più sostenibile, migliorare il tasso di recupero energetico delle piante coinvolte, migliorare l’accettazione da parte dei cittadini e delle autorità del sistema agroindustriale della carne bovina secondo un modello di economia circolare, migliorare l’attuale metodo di riciclaggio dei rifiuti agroalimentari basato sul biogas.
Basandosi sui principi dell’economia circolare e sul riciclo, il progetto co-finanziato dall’Unione Europea (EIT Food) ha focalizzato la propria attenzione sui processi di realizzazione e trasformazione in nuovi fertilizzanti di alcuni prodotti generati da scarti all’interno della filiera della carne bovina. Tali scarti contengono azoto e fosforo, sono in forma organica, e per tal motivo possono avere effetti benefici sul suolo e sulle piante agricole che vengono coltivate sui nostri terreni. Per ora sono stati realizzati tre nuovi prototipi sotto forma di polvere e di pellet, di cui due totalmente organici e uno organo-minerale, e sono stati già riscontrati i primi interessanti effetti a livello di suolo e di pianta, confermando quindi le potenzialità di questa nuova materia prima.
La circolarità è data dal fatto che il modello di studio sviluppato sarà “replicabile”, senza contare i benefici che ne deriverebbero per la sostenibilità ambientale dell’intera filiera della carne bovina, sempre al centro di polemiche, speculazioni e accuse proprio per il suo impatto ambientale. Inoltre, la valorizzazione di questa potenziale materia prima originata dal riciclo potrebbe giovare anche alla creazione di concimi organo-minerali. Dunque, l’utilizzo del digestato essiccato dalla filiera della carne bovina come nuovo fertilizzante organico e per concimi organo-minerali potrebbe aprire nuove possibilità di valorizzazione del suo contenuto in nutrienti come azoto e fosforo. Intanto, mentre si attendono le decisioni a livello normativo per sapere se potrà esserci la possibilità di commercializzare i nuovi prototipi, stanno proseguendo nuove prove agronomiche e studi.
Il progetto “NP Sustainable Fertilizer”, che fa parte dello Smart Agrifood e del Green Deal Europeo, è nato grazie a una collaborazione tra aziende e università: capofila del progetto è Inalca, uno dei maggiori soggetti europei nel settore delle carni bovine, assieme a Fomet, azienda specializzata in fertilizzanti sin dal 1973. La cooperazione ha così sviluppato industrialmente le nuove soluzioni agronomiche sottoposte allo studio del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Alma Mater Studiorum di Bologna, dell’Università di Hohenheim (Germania), nonché dell’Istituto di Riproduzione Animale e Food Research dell’Accademia Polacca delle Scienze.
Fonte: distal.unibo.it